Solo un fronte medico unito può affrontare l’osteoporosi: questo il parere comune ai 130 medici di base e fisioterapisti che il 14 ottobre scorso si sono confrontati nella sala conferenze del Centro polispecialistico Pianeta Salute, in viale della Repubblica 111 a Bari.
Organizzato il convegno dal titolo “Osteoporosi malattia sociale” ha consentito di fare il punto su una patologia silenziosa che colpisce sia donne che uomini (la casistica raccolta parla di una maggiore incidenza femminile fino ai 60 anni, ma di un progressivo livellamento, fino a raggiungere il sostanziale pareggio uomo/donna intorno agli 80 anni).
Sono intervenuti professionisti provenienti da tutta Italia, compresi due luminari della chirurgia della colonna vertebrale: il Prof. Salvatore Caserta e il Prof. Daniele Fabris Monterumici, new entries nello staff di Pianeta Salute
I relatori hanno trattato il tema da un punto di vista strettamente scientifico (vista la platea composta da addetti ai lavori). Tuttavia possiamo riferire alcuni aspetti di pubblico interesse. L’osteoporosi, malattia metabolica dell’osso, riduce progressivamente ed inesorabilmente la massa ossea provocando una maggiore fragilità della struttura scheletrica: non a caso, l’effetto più grave è la cosiddetta frattura da fragilità. Polso, femore e anca, vertebre: queste le zone più esposte a frattura che, purtroppo, segnalano una malattia già in fase avanzata, e dunque più difficile da combattere.
La patologia, infatti, è pressoché asintomatica. Pochi sintomi come la riduzione della statura e dei dolori localizzati possono essere indice del suo sviluppo.
In caso di frattura, il percorso di guarigione diventa più arduo e c’è il rischio che l’invalidità diventi permanente; per il 20% dei pazienti, la frattura al femore è causa di morte entro l’anno. Nei casi migliori, comunque, l’età e altre patologie rendono il quadro estremamente complesso, anche perché l’osteoporosi è una malattia degenerativa: non è escluso che dopo la prima frattura se ne presentino altre (ri-fratture).
Il confronto su esperienze concrete ha permesso, nel corso del convegno, di riscontrare problematiche comuni e di individuare delle linee guida per responsabilizzare in primo luogo i pazienti, e poi i medici di base, ponte chiave tra i primi e gli specialisti. Tra le criticità emerse, la scarsa prevenzione: per una malattia tanto subdola è vitale l’attività di contrasto. Eppure, i costi per mancata prevenzione, in cifre, superano il miliardo di euro; inquantificabili quelli che riguardano la qualità della vita.
Tutti dovrebbero sottoporsi a controlli preventivi, almeno dopo i 65 anni. Anche prima in caso di alcuni fattori di rischio come la menopausa o il basso peso corporeo, disturbi alimentari, fumo e alcol. Ma quali sono le tecniche di prevenzione da concordare con il proprio medico di base?
Tanti gli spunti raccolti durante il convegno, tanta la voglia di agire per ribaltare le statistiche, in un’ottica di collaborazione con pazienti e colleghi.